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Ce l’hanno fatta. A quasi un anno dal precedente voto negativo, il consiglio comunale di Milano ha approvato le linee di indirizzo sugli scali ferroviari, una delle questioni centrali nello sviluppo futuro di Milano ma anche della città metropolitana.

Linee di indirizzo, non un vero e proprio progetto ma delle indicazioni sulla base delle quali la giunta potrà muoversi nella trattativa con FS Sistemi Urbani e Regione Lombardia per la destinazione di 1250000 metri quadrati di territorio metropolitano acquistato con i soldi dello stato (quindi della collettività o meglio dei lavoratori che pagano le tasse) per essere oggi un progetto di profitto per le casse di FS Sistemi Urbani.

Il voto è già significativo: 38 a favore e 4 astenuti. Tutti, con l’eccezione di Basilio Rizzo e dei consiglieri cinque stelle che pure si sono solo astenuti, hanno approvato un documento che, a detta dell’assessore Maran, darà a Milano un futuro più verde dove centro e periferie siano connesse.

 

Si dimentica di dire l’assessore che assieme al verde ci saranno altre colate di cemento oggi non quantificabili così come non quantificabile è quanto verde scali2effettivamente sarà fruibile dai cittadini e dalle cittadine milanesi. Tutto dipenderà dalla trattativa e da quanta pressione farà la dirigenza di FS Sistemi Urbani decisa ad avere il massimo guadagno possibile da quei terreni.

Nel documento non si dice quale percentuale di edificabilità viene prevista e, a fianco di dichiarazioni sulla costruzione di edilizia convenzionata, si parla di realizzare nuovi quartieri caratterizzati da un alto grado di sostenibilità ambientale e dotazioni tecnologiche intelligenti, con contenuto flusso viabilistico privato, rete wi-fi, illuminazione pubblica integrata con dispositivi di monitoraggio ambientale e di sicurezza urbana, edifici a emissioni zero dotati di giardini pensili. , quartieri per ricchi insomma come già insegna uno dei fiori all’occhiello del progetto City Life: il bosco verticale.

Un documento generico, talmente generico da lasciare le mani totalmente libere a quelli che faranno le trattative, talmente generico che è stato votato da tutti maggioranza e opposizione.

Se alle aree degli scali ferroviari ( scali Farini, Greco-Breda, Lambrate, Romana, Rogoredo, Porta Genova e San Cristoforo) aggiungiamo le altre aree tuttora in attesa di definizione (la “goccia” in Bovisa, il Trotto a San Siro, le aree expo e – se il progetto della nuova sede del politecnico in area expo prende vita – l’attuale Città Studi) ci possiamo rendere conto della portata di tali interventi e della trasformazione verso cui va incontro la città.

Costuire cosa?

A Milano vi sono (dati approssimativi ma abbastanza rispondenti alla realtà) all’incirca 60.000 abitazioni vuote nel settore dell’edilizia privata e 30.000 nell’edilizia pubblica. A fronte di questi dati abbiamo 22.000 richieste di alloggio popolare inevase. Mettiamo in conto che parte della richiesta di casa non è censita dalle liste per le case popolari perché vi sono persone senza i requisiti per questi alloggi ma con uguale necessità di trovare una soluzione abitativa. Aggiungiamo anche qualche altro migliaio di persone non residenti ma con necessità di dover abitare a Milano (gli studenti universitari ad esempio). In ogni caso il numero delle abitazioni sarebbe già largamente sufficiente a rispondere alla attuale domanda e a quella che potrebbe svilupparsi nel corso dei prossimi anni. Il fatto è che una parte consistente delle abitazioni private vuote viene venduta o affittata a prezzi altissimi, inaccessibili per normali lavoratori, magari precari, mentre quelle pubbliche vengono lasciate sfitte da una totale mancanza di manutenzione e quindi di agibilità degli appartamenti e da una macchina burocratica infame.

Se poi agli appartamenti vuoti aggiungiamo migliaia e migliaia di uffici, laboratori, magazzini, negozi inutilizzati ci rendiamo perfettamente conto che non servirebbe altro cemento privato, nemmeno ecologicamente compatibile, nella nostra città.

Tutte le operazioni immobiliari che hanno caratterizzato Milano in questi ultimi anni rispondevano ad una logica speculativa piuttosto che ad un reale bisogno. Bisogno che c’è ma che necessita una risposta ben lontana dai 10.000 euro a metro quadro che vengono chieste per un appartamento di City Life.

Occorrerebbe avere un piano di rilancio della edilizia residenziale pubblica che preveda, oltre che la costruzione di nuovi alloggi, anche una ristrutturazione profonda nei quartieri popolari oggi esistenti, una ristrutturazione che dia agli attuali abitanti una sistemazione dignitosa.

Chi decide?

Nella vicenda degli scali urbani c’è, come al solito, un grande assente: chi queste scelte subisce. Il documento approvato dal consiglio comunale recita:

  • prevedere un dibattito pubblico sviluppando il confronto con la cittadinanza, i Municipi, la Città Metropolitana e gli stakeholder (soggetti con interesse economico ndr) privati e pubblici, destinando adeguate risorse degli oneri di urbanizzazione al débat publique;

Le esperienze della giunta Pisapia, e quella di Sala è anche peggio, insegnano però altro. Expo ma anche M4 sono state realizzate senza alcun coinvolgimento della popolazione ne per discutere ne tanto meno per decidere e, sia in un caso che nell’altro, ne abbiamo pagate le conseguenze.

In alcune situazioni (la Goccia e oggi anche il Trotto) gruppi di abitanti si gocciasono opposti ai progetti di cementificazione organizzandosi in comitati di area.

Per gli scali ferroviari la cosa è più complessa. Diverse di queste aree hanno una configurazione tale che gli abitanti delle zone limitrofe possono non sentirsi direttamente coinvolti nella questione. E’ tutta la città che dovrebbe discutere e decidere sul destino di quelle aree. E’ una partita difficile ma va giocata.

Torneremo sull’argomento nei prossimi giorni perché riteniamo che sia centrale per lo sviluppo della città. Cercheremo anche di avere interventi tecnici che disvelino la vera posta in gioco sperando che nel prossimo periodo si uniscano le voci critiche che non hanno trovato espressione nel consiglio comunale.

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