di Lorsi Brioschi

“Tutto lo spirito della produzione capitalistica è in opposizione
alle condizioni di vita delle generazioni che si susseguono”.
(Marx)

Come ogni anno, specialmente d’inverno, torna alla ribalta il problema inquinamento dell’aria a Milano e nel resto del paese. I giorni di superamento dei limiti si sprecano e i risultati sulla salute anche. Forse è ora di attuare una politica di prevenzione anziché di cura dei danni. I costi di interventi eviterebbero molte morti e costi derivati dai danni dell’inquinamento. Una valutazione andrebbe fatta in termini di macrosistema e sicuramente ne beneficerebbe il paese.

I dati negativi di numerosi studi

L’Italia è il Paese dell’Unione europea che ha il record del numero di morti prematuri rispetto alla normale aspettativa di vita per l’inquinamento dell’aria. Così si stima nel rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (Aea): nel 2012 l’ Italia ha registrato 84.400 decessi di questo tipo, su un totale di 491mila a livello Ue. Tre i ‘killer’ sotto accusa per questo triste primato.

Le micro polveri sottili (Pm2.5), il biossido di azoto (NO2) e l’ozono, quello nei bassi strati dell’atmosfera (O3), a cui lo studio attribuisce rispettivamente 59.500, 21.600 e 3.300 morti premature in Italia. Il bilancio più grave se lo aggiudicano le micropolveri sottili, che provocano 403mila vittime nell’Ue a 28 e 432mila nel complesso dei 40 Paesi europei considerati dallo studio.

L’impatto stimato dell’esposizione al biossido di azoto e all’ozono invece è di circa 72mila e 16mila vittime precoci nei 28 Paesi Ue e di 75mila e 17mila per 40 Paesi europei. L’area più colpita in Italia dal problema delle micro polveri si conferma quella della Pianura Padana, con Brescia, Monza, Milano, ma anche Torino, che oltrepassano il limite fissato a livello Ue di una concentrazione media annua di 25 microgrammi per metro cubo d’aria, sfiorata invece da Venezia. Considerando poi la soglia ben più bassa raccomandata dall’Oms di 10 microgrammi per metro cubo, il quadro italiano peggiora sensibilmente, a partire da altre grandi città come Roma, Firenze, Napoli, Bologna, passando per Frosinone, Vicenza, padova e Treviso arrivando fino a Cagliari.

I dati diffusi dalla Oms, nel più dettagliato studio finora mai condotto sull’argomento, lasciano senza parole: il 92% delle persone sul globo, cioè oltre 9 persone su 10, respirano aria troppo inquinata, aria che danneggia la loro salute. I morti che ne conseguono sono milioni, uccisi da inquinanti che penetrano in minuscoli corpuscoli nel nostro corpo, fino a ucciderlo. I danni peggiori li subiscono, vecchi, bambini e donne gravide.

E’ L’Italia ad avere l’aria peggiore di tutta l’Europa occidentale, nessun angolo del nostro Paese può vantare zone “verdi”, cioè pulite, come invece possono vantare Francia, Spagna e soprattutto Gran Bretagna e Paesi scandinavi, che non a caso portano avanti da molti anni politiche coraggiose. Tutto il nostro Paese è avvolto da una nebbia killer, mentre la Pianura Padana raggiunge i livelli record – il rosso – presente altrove ad esempio in Cina e India.

 Scozia e Irlanda se la passano molto bene, come anche parti del sud della Francia e della Spagna, mentre, come detto, il colore verde non tocca nessun luogo d’Italia.

Eppure, come dichiarato dall’OMS, “L’inquinamento dell’aria è oggi il peggiore rischio ambientale per la salute, responsabile della morte di una persona su 9”. E L’Italia è il Paese più inquinato dell’Europa Occidentale. “L’inquinamento dell’aria continua a crescere e compromette le economie e la nostra qualità di vita. Si tratta di un’emergenza sanitaria”.

La rivista “The Lancet”

L’inquinamento dell’aria uccide ben al di sotto dei limiti di qualità dell’aria imposti dalle leggi in vigore nella Unione Europea. L ’esposizione prolungata alle polveri prodotte dagli scarichi di veicoli, dalle industrie, e dagli impianti di riscaldamento, anche al di sotto delle attuali limiti permessi dalle leggi in vigore in Italia e nella l’Unione Europea, può essere più nociva e mortale di quanto si pensava finora.

Un studio, pubblicato sul The Lancet, ha esaminato 360.000 residenti in grandi città di 13 paesi europei. Lo studio stima che per ogni aumento nella media annuale di esposizione a particolato fine (le particelle di diametro inferiore a 2,5 micron, PM2.5) di 5 µg/m3 ci sia un aumento del rischio di morire per cause non accidentali del 7%. Una differenza di 5 µg/m3 può essere quella che c’è tra un posto con molto traffico e uno non influenzato dal traffico in una città. I risultati dello studio possono essere utilizzati per le valutazioni di impatto sulla salute, finora basate solo su stime prodotte da studi condotti prevalentemente in Nord America.

I ricercatori hanno utilizzato i dati dello studio ESCAPE (European Study of Cohorts for Air Pollution Effects, coordinato dalla Università di Utrecht in Olanda) che ha unito i dati di 22 studi longitudinali europei, per un totale di 367.251 persone analizzate. Le concentrazioni medie annuali degli inquinanti (ossidi di azoto e particolato) sono state stimate alla residenza dei soggetti utilizzando modelli di regressione land-use. Sono state raccolte informazioni sull’intensità di traffico della strada della residenza e sul carico totale di traffico nei 100 metri attorno alla residenza. I soggetti in studio sono stati seguiti per circa 14 anni e 29.076 sono morti per cause non accidentali.

In Italia, lo studio è stato condotto a Roma (Dipartimento di Epidemiologia del Lazio), a Torino (AO Città della Salute e della Scienza-Università di Torino) e a Varese (Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano) e ha coinvolto circa 31.000 persone. Hanno collaborato allo studio numerosi enti tra cui le Agenzie ambientali dell’Emilia-Romagna e del Piemonte.

I risultati mostrano che il particolato fine è l’inquinante più dannoso, anche per concentrazioni sotto i limiti consentiti dall’attuale legislazione europea.

L’associazione tra esposizione prolungata a particolato e mortalità esiste anche tenendo conto di diversi fattori individuali come l’abitudine al fumo, lo stato socio-economico, l’attività fisica, il livello di istruzione e l’indice di massa corporea.

Secondo gli autori della ricerca: “I risultati suggeriscono un effetto del particolato anche per concentrazioni al di sotto dell’attuale limite annuale europeo di 25 µg/m3 per il PM2,5. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) propone del resto come Linea Guida 10 µg/m3 e i nostri risultati supportano l’idea che avvicinandoci a questo target si potrebbero raggiungere grandi benefici per la salute delle persone.”

Sullo stesso numero di The Lancet, in un editoriale di presentazione, si afferma: “Nonostante i grandi miglioramenti della qualità dell’aria negli ultimi 50 anni, i dati di Beelen e colleghi mostrano che gli effetti dell’inquinamento dell’aria sulla salute continuano. Questi dati, insieme ai risultati di altri grandi studi, suggeriscono quanto siano necessarie ulteriori politiche per ridurre l’inquinamento e, quindi, la morbosità e la mortalità in Europa. Come raccomandato dall’OMS, una priorità urgente dovrebbe essere quella di avviarsi verso i valori indicati dalle Linee Guida della qualità dell’aria dell’OMS che sono più restrittive.”

Inoltre In un recentissimo studio canadese pubblicato sempre da The Lancet lo smog non ha solo effetti sui polmoni o sul sistema cardiovascolare, anche il cervello subisce danni da esposizione a inquinanti. Secondo La rivista scientifica un caso su dieci di alzhaimer potrebbe essere imputabile all’inquinamento. Il rischio di demenza scrivono gli esperti di Public Health Ontario è del 7% maggiore rispetto a chi vive a più di 300 metri da arterie a grande scorrimento. I ricercatori canadesi hanno analizzato i dati di oltre 6,5 milioni di residenti tra i 20 e gli 85 anni trovando oltre 243mila casi tra il 2001 e il 2012.

In sintesi la provenienza, gli effetti causati e quali sono le sostanze pericolose dell’inquinamento dell’aria:

Che fare contro la diminuzione dell’aspettativa di vita

A partire dall’assunzione in Europa dei limiti più bassi proposti da OMS fino ai vari Governi, le Regioni le amministrazioni locali, sinergicamente dovrebbero Iniziare a muoversi sui diversi settori. La politica dei profitti privati e delle perdite pubbliche deve terminare . Il capitalismo ha un costo che non ci possiamo più permettere, come degrado del lavoro, dell’ambiente e del restringimento della democrazia.

Abbassare i limiti attuali, un vero ultimatum lanciato agli amministratori, a partire dagli euroburocrati: le prossime leggi e direttive devono essere molto più cautelative e stringenti, gli investimenti molto più consistenti, e la qualità dell’aria deve diventare una priorità per la salute pubblica. Tutto ciò avrà costi straordinari? Ma ancora più straordinari saranno i risparmi sanitari e i disagi e le malattie risparmiati alla popolazione.

I limiti dettati dalle leggi nazionali antismog ingenerano nella popolazione un falso senso di sicurezza. Non si creda che rispettando questi non si abbiano conseguenze sulla salute. Purtroppo i limiti di sicurezza per il particolato, l’ozono, gli idrocarburi incombusti, gli ossidi di azoto, sono molto, ma molto bassi. Ben lontani, ancora da quelli che quotidianamente respiriamo, e che attualmente sono responsabili di 625 milioni di giorni di malattia all’anno nel vecchio continente.

Dobbiamo poi fare i conti con l’effetto combinato dell’aumento di temperatura dovuto al cambiamento climatico e lo smog. Le sempre più frequenti ondate di calore portano alle stelle le concentrazioni di ozono, con effetti consistenti in termini di mortalità, ricoveri e riacutizzazioni di asma nei bambini e nella popolazione più suscettibile alle allergie respiratorie.

Ridurre l’inquinamento industriale. Applicare autorizzazioni integrate ambientali (AIA) stringenti e rendere il sistema del controllo pubblico più efficace con l’approvazione della legge sul sistema delle Agenzie regionali protezione ambiente ferma al Senato da tempo. Forte impulso al potenziamento degli organi preposti al controllo del rispetto delle leggi relative alla tutela dell’ambiente e della salute.

Riscaldarsi senza inquinare. Vietare l’uso di combustibili fossili, con esclusione del metano, nel riscaldamento degli edifici a partire dalla prossima stagione di riscaldamento. Obbligo di applicazione della contabilizzazione di calore nei condomini in tutta Italia a partire dal prossimo inverno. Interventi innovativi per l’installazione di pompe di calore, che permettono di ridurre notevolmente le emissioni. Obiettivo del 3% all’anno sulla riqualificazione degli edifici pubblici e privati per attuare il piano europeo per ammodernare o ricostruire l’intero patrimonio edilizio entro 30 anni. Perché i risultati siano evidenti è necessario rafforzare il sistema dei controlli, tanto sui fumi emessi dalle caldaie che sulla certificazione energetica degli edifici, verificando che le dichiarazioni corrispondano realmente allo stato in cui si trova lo stabile.

Attenzione alla combustione delle biomasse Un’attenzione particolare va riservata anche alla combustione delle biomasse, sdoganate anche in Italia come fonti energetiche “sostenibili”, ma in realtà spesso molto inquinanti. Una sola stufa a pellet di qualità mediocre, con cattiva manutenzione, alimentata con combustibili non selezionati emette polveri fini come un centinaio di caldaie a metano ad alta efficienza

Bisogna temere soprattutto gli impianti più piccoli e senza controlli e filtri adeguati. Meglio costruire centrali a biomasse più grandi e tecnologicamente avanzate.

Auto privata ultima opzione per muoversi in città. Approvare un serio Piano nazionale antismog in cui il governo assuma un ruolo guida importante, dotato di risorse economiche, obiettivi misurabili e declinabili. La priorità deve essere la realizzazione di nuove linee metropolitane e di tram, a cui devono essere vincolate da subito almeno il 50% delle risorse per le infrastrutture, da destinare alle città. Il piano deve prevedere target di mobilità a livello urbano per arrivare entro 2 anni ad una quota di spostamenti individuali motorizzati al di sotto del 50% del totale, per arrivare nel giro di 6-8 anni sotto il 30%. Occorre infine una verifica dei piani di risanamento dell’aria delle regioni e delle principali città per garantire un’uscita dall’emergenza entro i prossimi cinque anni.

Fuori i diesel dalle città. Un’altra fonte di inquinanti sono i motori Diesel, anche quelli dotati di filtri antiparticolato. Per complessi meccanismi chimico-fisici succede infatti che questi motori, soprattutto nelle condizioni di guida urbana, rilascino quantità notevoli di biossido di azoto, ben al di sopra dei limiti di legge, con danni notevoli a cuore e polmoni.

Bisogna limitare la circolazione in ambito urbano dei veicoli più inquinanti (auto e camion) sul modello della città di Parigi: entro il 2016 divieto di circolazione di tutti i veicoli euro 0 ed euro1, e dei diesel (auto e camion) euro 2. Entro il 2017 divieto esteso a diesel euro 3 e poi a crescere sino a vietare nel 2020 la circolazione dei veicoli diesel euro 5 (quelli venduti sino ad oggi).

Nuovi controlli sulle emissioni reali delle auto. Applicare immediatamente i nuovi criteri di prova di omologazione per i veicoli immessi sul mercato, con verifica su strada e dichiarazione obbligatoria dei risultati reali di consumo e di inquinamento risultanti. Basta Dieselgate e similari, che emergono man mano in diverse case automobilistiche volte a garantire il massimo profitto.

L’industria automobilistica va invece “sollecitata” da leggi a maggiori investimenti in ricerca sulle auto elettriche ad idrogeno ed ibride.

Stop ai sussidi all’autotrasporto per migliorare il TPL. Dal 2000 al 2015 sono stati dati circa 400 milioni in media l’anno all’autotrasporto e anche per il 2016 gli aiuti diretti e indiretti saranno pari a 250 milioni di euro. Bisogna chiedere che tali risorse siano, al contrario, destinate ad incrementare e migliorare il trasporto pubblico locale e il servizio per i cittadini.

Diversa mobilità nelle città. Adozione per la mobilità urbana di automezzi esclusivamente a propulsione elettrica o comunque non inquinante. Estendere il servizio gratuito “bike sharing” (“condivisione della bicicletta”) e promuovere, al solo costo vivo, il “car sharing” (“condivisione dell’auto”), il servizio per l’utilizzo su prenotazione dell’auto, naturalmente elettrica.

Aumento della ciclabilità urbana. Cofinanziare (insieme a Comuni e Regioni) la realizzazione nelle grandi città di un primo pacchetto di nuove corsie ciclabili lungo le principali direttrici di mobilità all’interno dell’area urbana che consentano spostamenti in bici sicuri ed efficienti e costituiscano una valida e attraente alternativa all’uso dell’auto privata.

Queste iniziative vanno inserite in un progetto più complessivo di trasformazione delle società urbane. Con una visione strategica dobbiamo non affidarci alla speranza di una spontanea, quanto irrealistica, risoluzione del problema delle polveri sottili, da parte delle istituzioni ai vari livelli. L’attuale situazione richiede un coraggioso salto di qualità, dobbiamo costringere lo stato che l’interesse alla salute dei cittadini è fondamentale e quindi rendere la lotta all’inquinamento dell’aria che respiriamo un obiettivo credibile. Occorre che si metta in campo una volontà politica adeguata per aggredire questa minaccia.

Noi pensiamo che questa politica si possa realizzare solo all’interno di un programma eco socialista che muti i valori del capitale ponendo al centro l’uomo invece che il profitto.

Documentazione

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