di Pietro Manzoni
A soli 3 mesi dalle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale, è arrivata la prima (e speriamo non unica) doccia fredda per il neo Presidente leghista Fontana. Ci riferiamo a quello che era il progetto di ulteriore spinta alla privatizzazione del Servizio Sanitario Lombardo. Stiamo parlando di 2 delibere, la n. 6164 del 3 Gennaio e la n.6551 del 4 Maggio dello scorso anno, meglio conosciuta come istituzione del Gestore Sanitario (che cancellava in un solo colpo alcuni pilastri fondativi della Legge di riforma santaria, la n.833 del ’78).
Brevemente cosa prevedevano queste 2 delibere. Innanzitutto ci si rivolgeva a circa 3.500.000 cittadini “pazienti cronici e fragili” che erano stati suddivisi in tre livelli a seconda della gravità della loro condizione clinica.
Lo specchietto per le allodole, che veniva presentato ai soggetti malati (spesso deboli e in continua ricerca di strutture a cui affidarsi) si racchiudeva in uno slogan.. .caro paziente, ora con il gestore sanitario, non dovrai fare più file per le prenotazioni. Ci penserà il Gestore Sanitario che si occuperà di te attraverso “un patto di cura” con un atto formale con validità giuridica. E successivamente attraverso la predisposizione di un “Piano di Assistenza Individuale”. Con vere e proprie procedure di definizione di spesa per il paziente in forma preventiva e non modificabile (questo per garantire un margine di profitto sostanziale al Gestore).
Potevano essere gestore sanitario: i medici di base in consorzio tra loro, ospedali. oppure soggetti privati (anche le assicurazioni, società e cooperative). In caso di soggetti privati, i medici di base che aderivano, potevano diventare co-gestori, creando un elemento di conflitto all’interno di quella è definita e conosciuta che si chiama deontologia professionale, che ha come pilastro essenziale quello della reciproca fiducia tra il medico di base e il proprio assistito.
Va inoltre ricordato che immediatamente, promulgazione delle delibere, mai portate in discussione nel consiglio regionale, due associazioni dei Medici, l’Unione Medici Italiani e Medicina Democratica avevano presentato, in due diversi momenti, due ricorsi al Tar di incostituzionalità delle 2 delibere. Oltre ad una sollevazione da parte degli Ordini dei Medici di Milano e della Lombardia.
Bene. Questo tentativo di ulteriore privatizzazione della Sanità, attraverso non solo di trasferimento di denaro pubblico, ma anche nella destinazione di professioni di medici e paramedici da strutture pubbliche a private si è sostanzialmente “schiantato”
Bene. Ora possiamo dichiarare che questa operazione è praticamente fallita (o nella peggiore delle ipotesi “rinviata sine die”).
Questo stop traumatico per la Regione Lombardia e per il suo nuovo presidente, non è capitato a caso.
Ce lo ricorda un comunicato di Medicina Democratica che afferma:
1) la immediata mobilitazione dei medici di base con il loro sostanziale rigetto dell’operazione. Va ricordato che a Milano e nell’hinterland solo il 25% ha dato la sua adesione
2) la campagna di informazione sugli effetti nefasti della “riforma” (oltre 200 assemblee pubbliche)
Questi due combinati hanno creato non pochi problemi alla Regione che si possono riassumere:

Su 3.057.519 malati cronici che hanno ricevuto le lettere dalla regione solo l’8,44% ha firmato il contratto con un gestore, la cosiddetta presa in carico e solo il 4,6% (140.724) ha firmato il PAI, il Piano Assistenziale Individuale. Oltre il 90% dei cittadini cronici contattati dalla Regione fino ad ora non ha indicato alcun gestore e oltre il 95% di questi stessi cittadini non ha firmato alcun PAI.

Una vera e propria disfatta che appare ancora  più grave se si considerano tutti i soldi pubblici spesi dalla giunta regionale per reclamizzare le proprie iniziative verso i malati cronici attraverso spot, inserzioni e la stampa di centinaia di migliaia di opuscoli. Sarebbe interessante sapere quanto ha speso fino ad ora la Regione per fare tutto questo e scopriremmo che l’adesione al gestore di ogni singolo cittadino è costata non pochi euro alle finanze pubbliche, ossia a ciascuno di noi.

Che si tratti di un totale fallimento lo dimostrano i continui rinvii all’avvio del progetto decisi dallo stesso assessorato: inizialmente tutto il sistema avrebbe dovuto partire a pieno regime dal 1° gennaio 2018, poi è stato rinviato al 1° gennaio 2019 e ora l’ assessore afferma che saranno necessari circa cinque anni ! La fase di reclutamento avrebbe dovuto concludersi prima entro il 2017, poi nel 1° semestre del 2018, ora si parla del 31 dicembre 2018 e poi si vedrà.

Dopo i Medici di Medicina Generale (essenziali per la mobilitazione dei pazienti) sono stati i medici ospedalieri a contestarne la realizzabilità: per fare i PAI vari specialisti dovrebbero essere spostati dai loro reparti provocando gravi danni alla qualità dell’assistenza ospedaliera; il medico specialista inoltre può non avere la competenza per compilare un PAI ad es. di un paziente con pluripatologie con il rischio di creare danni al cittadino e di assumersi una responsabilità legale al di sopra delle proprie competenze, come illustrato da un documento dell’Ordine dei Medici di Milano.

Per non parlare del complicato rapporto tra Medici di Medicina Generale (MMG) e clinical manager che si tradurrà in un enorme perdita di tempo per i MMG e di un  sistema informatico non all’altezza del progetto: come faranno i MMG a relazionarsi con l’operato del clinical manager considerato che la grande maggioranza delle strutture ospedaliere non inserisce online per i singoli MMG  gli esami effettuati dai loro pazienti ?

La cosa più corretta che potrebbe fare l’assessore Gallera è prendere atto del fallimento e dimettersi. Le bugie hanno le gambe corte…la verità prima o poi è destinata ad emergere nella sua semplice evidenza.

La lotta paga!

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