di Igor Zecchini

Enorme è sicuramente la parola che più si addice alla manifestazione antirazzista del due marzo a Milano. Impossibile quantificarla perché il non esserci comizi finali ha fatto sì che piazza Duomo si riempisse e si svuotasse di continuo. Certo è che il corteo ha sfilato per più di quattro ore in una porzione della città dove le vie sono larghe, con marciapiedi stracolmi di persone tanto che in molti punti era impossibile muoversi. Una manifestazione importante quindi ma con il rischio che non lasci il segno o almeno non quello che in molti speriamo.

Indubbiamente è stata una manifestazione di popolo, che ha travalicato anche il pur cospicuo numero di realtà che vi avevano dato l’adesione. Una dimostrazione fisica che il livello di sopportazione delle malefatte di questo governo infame è oramai esaurito e che c’è voglia di controffensiva. Una raccolta spontanea di tutte le energie di chi sta operando sul terreno della solidarietà umana e di classe e lo sta facendo senza nessuna contropartita. Lo si poteva sentire direttamente nelle parole e nei gesti dei e delle partecipanti che, spesso, esprimevano un livello di radicalità fino a ieri impensabile. Una boccata d’ossigeno necessaria per poter riprendere a sperare.

Ma a fronte di questi dati assolutamente positivi ve ne sono altri che occorre tenere bene presente per  avere il polso della situazione per quella che è, senza cadere in illusioni di un pronto rilancio delle mobilitazioni ma neanche non essere in grado di coglierne la possibilità.

In queste ore sui social impazza la polemica tra chi esalta la manifestazione e chi, invece, la schifa perché funzionale alle manovre del PD per ricostruirsi una verginità politica e una collocazione più a sinistra di quella renziana. Tutte e due le posizioni contengono una parte della verità ma ambedue non colgono l’elemento sostanziale.

Certo la manifestazione è stata bella e forse esaltante, come è certo che il PD, o meglio un suo settore, ha spinto perché questa manifestazione ci fosse. E’ stato l’assessore alle politiche sociali del comune di Milano Pierfrancesco Maiorino alcuni mesi fa a lanciare la proposta, subito ripresa da alcune associazioni contigue al PD che ne sono formalmente promotrici, Da tempo il PD milanese cerca di accreditare il sindaco Sala come l’antisalvini millantando una iniziativa antirazzista che è ben lontana dalla realtà delle cose (il comune di Milano si guarda bene dal disobbedire alle normative del decreto Salvini in materia di residenza per esempio).

L’appello di convocazione infatti è pieno di dichiarazioni, roboanti quanto generiche, sui diritti e sull’inclusione senza dare uno (1) obiettivo concreto su cui mobilitarsi. Niente sugli accordi con la Libia, né sui CPR, tanto meno sul diritto di cittadinanza. Una chiamata alle armi in cui ognuno può mettere quello che vuole.

La strana concomitanza con le primarie del PD svoltesi il giorno dopo con il trionfo di Zingaretti e il tam tam, assolutamente anomalo, che è stato battuto in innumerevoli trasmissioni televisive per sponsorizzare la scadenza del 2 marzo, fanno sentire una certa puzza di bruciato.

Ma la manifestazione in quanto tale, nonostante la presenza dei due principali candidati delle primarie e del sindaco di Milano Sala (che proprio la mattina del due ha tenuto a battesimo il comitato SI TAV di Milano) nella testa del corteo, ha sicuramente travalicato questo progetto ed è stata l’espressione, come diciamo sopra, di una voglia di riscatto inequivocabile.

Il punto, quello vero, è un’altro e anche questo è emerso simbolicamente da questo grande corteo. Con rarissime eccezioni infatti, si è trattato di una marcia silente o, al più, musicale. Pochi gli spezzoni che lanciavano slogan. I quadrati dei partiti a sinistra del PD (PAP ovviamente assente) erano tutti estremamente ridotti, con l’esclusione forse di quello del PRC, i centri sociali (soprattutto quelli che hanno animato la generosa campagna contro i CPR) assenti con l’esclusione del centro sociale Cantiere. Assenti, ovviamente i sindacati di base.

Anche la “Rete No CPR” che nel corso degli scorsi mesi è riuscita a mobilitare migliaia di persone su obiettivi chiari e fortemente radicali, non è stata in grado di dare il segnale politico necessario. Lacerata dalla discussione su partecipare si o partecipare no, è riuscita solo a produrre una iniziativa, visibile ma non determinante, attraverso la distribuzione di diverse migliaia di cartelli con la scritta “NO CPR né a Milano, né altrove, né in Libia”. La dimensione del corteo ha però diluito la presenza di questo segnale radicale stemperandone l’effetto di rottura che si sperava.

Nessuna proposta politica radicale e definita è quindi emersa dalle fila di questo grande corteo. Nessuna alternativa al progetto mortifero di rivitalizzare il PD e di riconsegnarli di nuovo in mano le sorti della opposizione “progressista” di questo paese. La voglia di riscatto corre il rischio di generare nuovi mostri. Questo è il fatto su cui occorre riflettere e, soprattutto, invertire la marcia. Occorre un’altra proposta politica radicale, forte e credibile che entri in sintonia con la incazzatura contro questo governo non rinunciando alla denuncia delle corresponsabilità del PD e soprattutto alla sua proposta sul piano sociale che continua ad essere centrata su una proposta liberista e fortemente penalizzante per i lavoratori e le lavoratrici. Questo è quello di cui ci sarebbe bisogno ma i segnali purtroppo non ci sembrano buoni.

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