Pubblchiamo l’appello con cui le organizzazioni che hanno dato vita alla mobilitazione web del primo maggio annunciano la nuova mobilitazione, questa volta in presenza.
Il 27 MAGGIO DALLE ORE 17.30
PRESIDIO IN VIA MELCHIORRE GIOIA – DAVANTI AL PALAZZO DELLA REGIONE LOMBARDIA.
Il 1° maggio abbiamo preso parola con testimonianze, denunce, lotte per una nuova primavera ecologica e sociale. Lo abbiamo fatto virtualmente, dalla radio, sulle reti sociali. Responsabilmente abbiamo rispettato le regole imposte per la tutela della salute di tutte e tutti. Oggi, vogliamo riprenderci anche le piazze.
Le piazze della Milano raccontata dai media come città degli eventi e delle vetrine sfavillanti, del consumo e del divertimento, e che rappresenta in realtà la punta più avanzata di un sistema di sfruttamento diffuso che vuole negare agli strati popolari i fondamentali diritti vitali.
Tutte le contraddizioni di questo sistema sono esplose con l’emergenza sanitaria provocata dal COVID-19. Un sistema che si vuole riproporre anche ora, nella cosiddetta “fase 2”.
Chi ne farà veramente le spese saranno i lavoratori e le lavoratrici, soprattutto quelli e quelle con contratti precari e ultra flessibili che inondano la città nei viali dello shopping, nelle aziende di servizi, nei centri commerciali ecc., che si sono trovati da subito senza protezioni forti.
Nella prima fase lo Stato ha regalato 400 miliardi di euro per prestiti alle imprese. Nel decreto appena varato l’approccio è lo stesso: soldi soprattutto alle imprese che verranno garantiti dalle tasse dei contribuenti, cioè soprattutto lavoratori dipendenti e pensionati; i cassaintegrati e le cassaintegrate subiranno perdite reddituali anche di quasi la metà del loro salario normale, mentre coloro che attendono che la Regione inoltri le domande di cassa integrazione in deroga non sanno come mettere insieme il pranzo e la cena; agli sfruttati e alle sfruttate con “false partite iva” verrà rinnovato il misero bonus di 600 €, e gran parte dei lavoratori e delle lavoratrici con contratti precari continueranno a rimanere senza lavoro e senza un reddito certo.
La sanità cittadina, inoltre, è al collasso. Gli ospedali pubblici, martoriati dalle contro-riforme di aziendalizzazione e dalle decine di miliardi di euro tagliati a beneficio delle banche, si sono trovati a dover arginare il dilagare dell’epidemia senza adeguate forniture di dispositivi di protezione, la saturazione dei posti letto, la mancanza di strumentazioni mediche e la non esecuzione di tamponi generalizzati. Su questa scellerata strada la Regione continua a insistere non mettendo in opera nessun sistema di diagnostica a tappeto, (i famosi tamponi introvabili se non per i ricchi e a pagamento), che permetta di sapere chi è malato o portatore asintomatico e chi no, mentre utilizza la propaganda piena di retorica raccontata nello spot “la Lombardia riparte”.
È questo il risultato di un sistema unicamente incentrato sul profitto privato e non sul benessere collettivo: non è un caso, che poco prima dello scoppio dell’emergenza, Giunta Regionale e Comunale stessero organizzando lo smantellamento degli Ospedali San Carlo e San Paolo, per accorparli in un’unica struttura con la perdita di circa 500 posti letto, per far spazio a nuovi progetti di speculazione edilizia privata. Due ospedali che sono stati fondamentali per la gestione dell’emergenza Covid-19 in città.
Simboli del fallimento delle politiche liberiste di questo periodo rimarranno l’ospedale inaugurato in fretta e furia alla Fiera di Milano, che dalle prime indiscrezioni avrebbe dovuto ospitare almeno 600 posti per terapia intensiva, alleviando così la grave crisi in cui si trovavano gli ospedali lombardi, e che alla fine ha avuto un massimo di 25 pazienti, e che ora si avvia alla chiusura; oltre che il conto dei morti, che in Lombardia ha superato i 15.000 casi, quasi la metà di quelli nazionali, con un contributo enorme di decessi tra il personale sanitario. Le migliaia di persone anziane morte nelle Rsa, basti pensare agli oltre 100 decessi nel Pio Albergo Trivulzio, inoltre, sono la conferma di quanto, anche a livello territoriale, la gestione dell’emergenza COVID-19 si sia rivelata fallimentare.
Il Governo ha deciso di rispondere durante l’emergenza COVID in due modi: con sgravi fiscali e regali economici alle imprese, che il Presidente del Consiglio Conte ha definito “Una potenza di fuoco per una nuova primavera”, a fronte di briciole per le lavoratrici e i lavoratori; e con un clima di pressante limitazione delle libertà personali, confini e punti sensibili della città militarizzati, minacce di utilizzare i droni per il controllo degli assembramenti, e una fastidiosa e penetrante campagna sullo restare a casa sponsorizzata da tutti i media e promozionata dai vip nelle loro ville di lusso.
Ora nella fase 2 si ripropone lo stesso schema, insieme alla colpevolizzazione di chiunque aneli a riprendersi anche spazio per le proprie libertà, pur responsabilmente. Un decreto, il cosiddetto “DL Rilancio” di oltre quattrocento pagine che ha la stessa impostazione, che non presta attenzione alle fasce più deboli che saranno colpite duramente dalla crisi socio economica che ci aspetta, e delle cui dimensioni nessuno sembra volersi rendere conto.
Un decreto che contiene un provvedimento di sanatoria per le persone migranti parziale ed escludente, che, nella sua visione utilitaristica, le considera mano d’opera usa e getta, solamente braccia da impiegare nell’agricoltura, nell’allevamento o nella cura domestica. Una serie di misure inadeguate e con misure che sottendono a nuovi ricatti, come la richiesta di un versamento amministrativo di almeno 400 euro a persona: chi pagherà realmente? Il datore di lavoro come prevede il decreto o il lavoratore o la lavoratrice che pur di ottenere un permesso se ne accollerà il costo?
Questa crisi, e ora le modalità con cui pretendono di uscirne, hanno messo definitivamente in luce le diseguaglianze e le ingiustizie di questo sistema. La normalità che ci avevano imposto e a cui ci avevano abituato, era il problema.
Per il nostro territorio il problema era il modello della Milano città vetrina del consumismo sfrenato, della sanità privata, della mercificazione dei beni comuni e dei servizi pubblici, dell’inquinamento ogni giorno al di sopra delle soglie tollerabili, degli sgomberi militarizzati dei quartieri popolari, di un trasporto locale oggetto di speculazione privata, della precarietà diffusa. Oggi la città della precarietà sta diventando la città della povertà, come si è visto dalla quantità incredibile di domande per il cosiddetto “buono spesa” – più di 36.000 – arrivate all’amministrazione meneghina che ha risposto a meno della metà, utilizzando ancora una volta il sistema della residenza come requisito basilare, scegliendo di esternalizzare al terzo settore e al volontariato l’aiuto alle vecchie e alle nuove povertà.
Durante tutta l’emergenza nessuna attenzione alle bambine e ai bambini, a tutto il mondo studentesco e delle lavoratrici e lavoratori della scuola, nessuna prospettiva per il futuro, come per tutto il mondo dello spettacolo, delle arti e della cultura, settori dove il precariato era la regola prima, e la disoccupazione la realtà oggi.
Nonostante ciò, la tanto decantata “ripartenza” non promette bene: i primi provvedimenti non hanno preso in considerazione né hanno agito in alcun modo sulle condizioni che hanno reso fertile il terreno per la diffusione del virus. Basti pensare che alle imprese, a fronte dei miliardi regalati, nessun vincolo, nessuna presa d’impegno viene richiesta in merito alle condizioni di sicurezza sul lavoro e sul rispetto della salute e dell’ambiente, nemmeno ora che stanno praticamente riaprendo tutte.
Per questo, dopo la piazza virtuale del 1° maggio, dove abbiamo rilanciato con forza le nostre rivendicazioni per condizioni materiali di reddito e di vita dignitosa per i lavoratori e le lavoratrici (oggi tutti più o meno precari/e), i/le disoccupati/e, i/le pensionati/e, gli/le inquilini/e e gli studenti e le studentesse, oggi torniamo a prendere parola, e torniamo nelle nostre piazze. Ripartiamo dalle nostre rivendicazioni, con cui dobbiamo iniziare a porre le condizioni per costruire la nostra Primavera, che non può che basarsi su una transizione Ecologica e Sociale che porti alla fine di questo modello di produzione basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Una primavera che abbatta quella normalità fatta di sfruttamento, di precarietà, di sofferenza per le persone più deboli; e che nasca dall’unità, dal coraggio, dalla creatività, di coloro che hanno pagato e continuano a pagare il prezzo delle ingiustizie del mondo che conosciamo.
Rivendichiamo:
– un REDDITO GARANTITO PER TUTTI E TUTTE: ammortizzatori sociali che coprano il 100% degli stipendi; un reddito di base permanente, di almeno 1000 €, per tutelare precari/e e disoccupati/e anche dopo il Coronavirus.
– LAVORO STABILE E TUTELATO: stop ai licenziamenti e al furto illegittimo di ferie e permessi; riapertura, o continuità produttiva, solo per le aziende in grado di assicurare la piena e totale sicurezza dei dipendenti; chiusura settimanale delle aziende, a partire dai supermercati la domenica, anche per consentire operazioni di sanificazione; tamponi generalizzati per chi costretto a lavorare; regolamentazioni più stringenti per il cosiddetto “smart-work” o “lavoro agile” che normino per esempio le spese per la messa in sicurezza del luogo di lavoro (casa), le dotazioni, il riconoscimento del pasto, il diritto alla disconnessione, con una particolare attenzione alle lavoratrici per le quali lo smart work potrebbe diventare una vera e propria trappola. Chiediamo inoltre una revisione totale del sistema degli appalti e delle false cooperative con internalizzazioni nel pieno rispetto delle leggi e dei contratti nazionali.
– DIRITTI PER I/LE MIGRANTI: sanatoria e regolarizzazione generalizzata e incondizionata per tutti gli/le immigrati/e, il titolo di soggiorno slegato dal lavoro, per assicurare assistenza sanitaria, lotta al lavoro nero e servizi pubblici alle fasce deboli. Chiusura di tutti i Cpr, i nuovi Lager di stato, e nessuna nuova apertura.
– BENI COMUNI E SERVIZI PUBBLICI, UNIVERSALI E GRATUITI: diritto all’istruzione, alla mobilità, alla casa, alla sanità.
– Vogliamo ora una SANITÀ PUBBLICA, GRATUITA, UNIVERSALE, LAICA partendo dalla cancellazione dei ticket sanitari, dall’assunzione di nuovo personale a tempo indeterminato, dalla stabilizzazione dei precari della ricerca, dall’aumento degli stipendi, dalla reinternalizzazione degli appalti e da maggiori investimenti nella ricerca pubblica. No al welfare aziendale.
– una TRANSIZIONE ECOLOGICA: investimenti in produzioni sempre più a impatto zero, per produrre beni necessari alla soddisfazione della società e delle necessità umane, senza sfruttare la natura. Riducendo l’orario di lavoro almeno a parità di salario, non dimenticando la questione dell’aumento dello stesso che oggi è più che mai necessario, in modo da accrescere il tempo libero delle persone e ridurre al contempo la piaga della disoccupazione.
– Una RIFORMA DEL FISCO per tassare tutti i redditi con lo stesso criterio e in forma progressiva e PATRIMONIALE STRAORDINARIA d’emergenza sul 10% dei patrimoni superiori a 1 milione di € a carico del 10% più ricco della popolazione italiana, per compensare i miliardi di tagli al SSN degli ultimi anni e garantire una ripresa reale della sanità pubblica.
Aderiscono:
AccoglierSi
As.ne Naz. di Amicizia ItaliaCuba circolo di Milano
Comunità Curda Milanese
CUB Milano
Ecologisti del Ticino
Federazione Anarchica Milano
Fronte Popolare sez. Milano
Mai più Lager – No ai CPR
Partito dei Carc Federazione Lombardia
Partito della Rifondazione Comunista Federazione di Milano
PCL Milano
SGB Lombardia
Sinistra Anticapitalista Milano
Usi/Cit Milano
VERDI/Cambiamo Ossona
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.