di Giorgio Simoni

Cnh Industrial, azienda del gruppo Exor, controllato dalla famiglia italiana Agnelli, ha annunciato la chiusura degli stabilimenti di San Mauro Torinese, che impiega 370 dipendenti, e di Pregnana Milanese, dove sono occupati 150 lavoratori.

Secondo quanto riporta Il Fatto quotidiano, l’azienda ha spiegato la decisione parlando di necessaria riconversione. Il piano industriale presentato dalla proprietà si chiama – non senza un’involontaria ironia – «Transform 2 win».

A San Mauro Torinese la produzione di piccoli escavatori cesserà entro aprile del 2020, per essere trasferita presso lo stabilimento di Lecce. Il sito piemontese verrebbe trasformato in un polo logistico, assicurando – a detta di Cnh Industrial – il riassorbimento di oltre due terzi dei lavoratori dopo 15 mesi di cassa integrazione.

Pregnana Milanese chiude a giugno 2020

Fine della produzione anche nello stabilimento di Pregnana Milanese, a partire da giugno del 2020. In questo caso sono 150 i lavoratori coinvolti che, come ha reso la Fiom-Cgil, dopo l’annuncio dell’azienda hanno iniziato uno sciopero spontaneo. C’è stato un presidio davanti ai cancelli e un corteo unitario per le vie della città, concluso con un incontro con le istituzioni.

I sindacati hanno chiesto un tavolo al ministero dello Sviluppo economico per la gestione degli esuberi. «La Fiom terrà assemblee nelle prossime ore in tutto il gruppo e proclama lo stato di agitazione fino allo sciopero con l’obiettivo di portare il negoziato al ministero dello Sviluppo Economico, come convenuto con tutte le organizzazioni sindacali presenti al tavolo», ha spiegato Michele De Palma, segretario nazionale Fiom e responsabile Auto.

La società Cnh Industrial nacque nel novembre del 2012, a seguito della fusione tra Cnh e Fiat Industrial, operazione fortemente voluta dall’allora amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne. La società di nuova costituzione avrebbe avuto sede in Olanda e sarebbe stata quotata, a partire dal settembre del 2013, a Milano e a New York.

Quando Marchione disse: non abbandoneremo l’Italia

«Non abbiamo nessuna intenzione di abbandonare il Paese», disse all’epoca Sergio Marchionne. «In Italia, sostenne, Fiat Industrial ha 14 stabilimenti e dieci centri di ricerca e sviluppo e occupa circa 19 mila persone. Intendiamo non solo preservare questa realtà, ma vogliamo renderla più forte e più competitiva».

Con la fusione Fiat Industrial – Cnh i padroni ottennero anche un vantaggio di tipo fiscale, a seguito della trasformazione della società per azioni italiana in una società olandese. In Olanda, sotto la cui bandiera vive anche il paradiso fiscale delle Antille Olandesi, i dividendi non sono tassati, a differenza dell’Italia dove sono esenti solo per il 95%, mentre sul restante 5% si versa al Fisco un’imposta del 27,5%. Equivale a una aliquota dell’1,375% che sui grandi numeri non è irrilevante.

Socio di controllo di Cnh Industrial è appunto la Exor della famiglia Agnelli che, già prima azionista con il 30% di Fiat Industrial, controllerà poi oltre il 40% di Cnh, grazie al meccanismo dei diritti di voto doppi, permesso dalla legge olandese.

Cnh Industrial tra scorporo e ristrutturazione

All’inizio di settembre di quest’anno Cnh ha annunciato che, a partire dal 2021, l’attuale gruppo sarà scorporato: le attività saranno divise in parte agricola e difesa, definita “off-Highway” (Case Ih, New Holland agriculture, Steyr, Case, New Holland Construction, Astra, Magirus, Iveco defence Vehicles) e parte stradale “on-Highway” (Iveco, Iveco Bus, Heuliez bus e Fpt industrial). Il piano dei prossimi cinque anni prevede che la divisione in due produca un aumento del fatturato complessivo dei due gruppi del 5 per cento ogni anno e il raddoppio dei margini attuali entro il 2024.

In quel frangente non erano stati specificati i piani di ristrutturazione conseguenti alla separazione, anche se il comunicato ufficiale affermava che si sarebbero realizzate «azioni di ristrutturazione mirate». Di cosa si tratta lo stiamo scoprendo amaramente in queste ore. In Italia lo scorporo delle attività di Iveco e Fpt coinvolgerà in tutto 11.500 dipendenti (6.300 Iveco e 5.200 Fpt).

Presidente di Cnh è Suzanne Heywood, che ha iniziato la sua carriera nel Governo del Regno Unito presso il Ministero del Tesoro. In quel dicastero è stata, come dichiara essa stessa nel curriculum vitae, principale fautrice della politica di privatizzazione del Governo. Dal 1997 al 2016 ha lavorato presso McKinsey & Company.

Chief Executive Officer di CNH Industrial è Hubertus M. Mühlhäuser, già manager di rilievo di AGCO Corporation, un produttore mondiale di attrezzature agricole.

Lo strapotere delle multinazionali

La presenza mondiale di Cnh Industrial abbraccia tutti i continenti. Suoi stabilimenti si trovano in India, Cina, Australia, Etiopia, Italia, Francia, Spagna, Belgio, Canada, Messico, Stati Uniti, Argentina, Brasile e – tramite apposite joint venture – anche in altri paesi.

Torneremo a parlare di questa vicenda prossimamente, anche in base a come si svilupperà la risposta operaia, auspicabilmente pure al di là dei limiti angusti imposti dalle direzioni sindacali confederali. Queste ultime non sembrano proporre alcuna prospettiva, se non la negoziazione, presso il competente ministero, degli ammortizzatori sociali.

In ogni caso, a nostro parere si evidenzia ancora una volta l’enorme problema posto dalla proprietà privata dei grandi mezzi di produzione, dall’enorme potere di cui dispongono i padroni delle multinazionali nel determinare la vita e il futuro di centinaia di migliaia di persone e di interi territori.

Una risposta adeguata non potrebbe che passare attraverso la nazionalizzazione di queste e altre aziende, con il controllo dei lavoratori, al fine di garantire l’occupazione di tutti quelli che vi lavoravano attraverso la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.

Rimandiamo per un approfondimento di questi aspetti, agli articoli pubblicati sul nostro sito nazionale in occasione dell’annuncio del progetto di fusione tra Fiat e Renault, poi abortito:

FCA Renault: per una risposta internazionalista ed unitaria

Le grandi manovre dei padroni dell’auto e la crisi industriale in Italia

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